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“Abbiamo utilizzato un processo noto come decellularizzazione, in cui le cellule del paziente originario vengono effettivamente lavate via tramite l’utilizzo di enzimi e detergenti, questo consente di evitare il fenomeno del rigetto: rivestendo il tessuto di trapianto con le staminali della ragazzina siamo riusciti a renderlo identico a quello dell’organismo ospite”. Con questa spiegazione pubblicata sulla rivista Lancet, l’èquipe di medici e ricercatori dell’University of Gothenburg e lo Shalgrenska University Hospital in Svezia, hanno rivelato come siano riusciti a effettuare un trapianto di vena porta su una bambina di 10 anni ricorrendo alla medicina rigenerativa.

La vena porta, la quale collega l’intestino e la milza al fegato, aveva un’ostruzione che non era possibile rimuovere, né sostituire. Luca Rivelli, chirurgo del Policlinico Gemelli di Roma ha precisato: “Il problema principale è che la vena porta ha delle dimensioni tali per cui è molto difficile utilizzare una vena prelevata dal paziente, come si fa in altri casi, e anche l’uso di vasi ‘sintetici’ non ha molto successo”. Ecco dunque il ricorso alle cellule staminali prelevate dal midollo osseo della piccola paziente, iniettate in una struttura di vena iliaca “lavata”, prelevata dall’inguine di un cadavere. In due in due settimane, le cellule staminali hanno ricreato una nuova vena, uguale in struttura e forma a quella originale, pronta per essere trapiantata. In un anno, le condizioni della bambina sono migliorate. I medici hanno riferito che la paziente è cresciuta di 6 cm ed ha avuto un aumento di peso di circa 5 kg.

Fonte: VitadaMamma.com del 15.06.12 e Ansa del 14.06.12

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