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Nel quasi disinteresse dei media, i risultati positivi per le cellule staminali non embrionali continuano ad essere pubblicati, Non avviene invece la stessa cosa per quelle embrionali, il cui utilizzo -come dicono numerosi ricercatori- non è oggi soltanto inutile, ma anche pericoloso. Lo ha ad esempio stabilito su Nature Biothecnology, nel suo numero del febbraio 2007, Duncan E. C. Baker del Sheffield Regional Cytogenetics Service rilevando che le staminali embrionali non riescono a mantenere la stabilità cromosomica durante i lunghi periodi di coltura necessari e a causa dei passaggi di alcune cellule in nuovi medium di crescita, presentando così un’elevata possibilità di causare il cancro.

In particolare, spiega De Lillo su “Zenit.it“, sono le staminali del cordone ombelicale a registrare eccezionali successi sperimentali, dimostrando sempre più di avere caratteristiche vincenti rispetto alle altre cellule indifferenziate in molte importanti patologie. Lo dimostra attraverso un lungo ed interessante elenco di studi scientifici. Proprio recentemente uno studio ha dimostrato chiaramente l’efficacia delle cordonali nella terapia di varie patologie del fegato. Un traguardo importante se si considera anche che queste patologie risultano essere le decime cause di morte tra gli uomini e le dodicesime tra le donne, uccidendo 27.000 persone ogni anno, nei soli Stati Uniti. L’equipe diretta dal dottor Nagwa El-Khafif, membro dei Departments of Electronon Mimicroscopy, Immunology and Pathology, presso il Theodor Bilharz Research Institute ha stabilito che le staminali cordonali si dimostrarono subito quelle con la più elevata capacità d’integrazione verso tessuti ischemici e con la maggiore possibilità di contribuire alla guarigione, contribuendo a stimolare l’angiogenesi.

In realtà il successo delle staminali adulte è generale e continuo. Esse, ad esempio, acquistano una sempre maggiore possibilità di essere “impegnate” nella lotta contro i tumori. Lo ha affermato Augusto Pessina del Dipartimento di Sanità Pubblica, Microbiologia, Virologia dell’Università degli Studi di Milano, il quale – in collaborazione con Giulio Alessandri (Laboratorio di Neurobiologia, Fondazione Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano) e Roberto Pallini (Istituto di Neurochirurgia della Facoltà di medicina della Università Cattolica del Sacro Cuore)-, ha recentemente firmato l’articolo intitolato “Mesenchymal Stromal Cells Primed with Paclitaxel Provide a New Approach for Cancer Therapy” e pubblicato su Plos One. Su ilsussidiario.net, Pessina ha rivelato che «le stesse cellule possono essere utilizzate come “veicoli” per trasportare farmaci che, raggiungendo in modo mirato le cellule dell’organo malato, possono avere una maggiore capacità terapeutica». Questa scoperta apre anche nuove prospettive di applicazione clinica dato che il dispositivo cellula-farmaco può essere preparato in poche e semplici procedure, oltretutto a basso costo.

A precisa domanda, Pessina ha illustrato i vantaggi della scoperta: «Le cellule mesenchimali adulte possono essere ottenute facilmente da midollo osseo, tessuto adiposo e da molti altri tessuti; col vantaggio che, se usate dallo stesso paziente, si elimina il rischio immunologico; inoltre, si riduce anche il rischio di trasmissione di agenti patogeni». Le significative scoperte sperimentali ottenute potranno aprire la strada per una efficace terapia delle patologie epatiche da un lato, ma anche allargare gli orizzonti sulla sconfitta dei tumori dall’altro. Ciò potrà avvenire ancora prima, se ad esse si uniranno, in un progetto comune, gli ottimi risultati di numerose ricerche, caratterizzate da successo. Tutto questo senza la distruzione di embrioni umani e quindi evitando ogni controversia bioetica.

Antonio Ballarò

Fonte: www.uccronline.it

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