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Come sta avvenendo già in tutto il mondo, anche all’Università di Sassari sta andando avanti al ricerca sugli innesti di cellule staminali e piastrine in campo ortopedico.

Da tre anni l’équipe medica coordinata dal professor Andrea Manunta vi sta lavorando. “Le cellule staminali sono indifferenziate- spiega Manunta, dell’Unità operativa di Ortopedia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari, diretta dal professor Paolo Tranquilli Leali –, perciò una volta che vengono posizionate sulla lesione, se trovano condizioni favorevoli, proliferano e si differenziano. Le cellule staminali vengono prelevate dal sangue e dalle ossa del paziente- continua il professor Manunta -, poi, tramite una centrifuga, vengono isolate, concentrate e impiantate sul paziente. È una procedura che eseguiamo direttamente in sala operatoria, senza manipolare il sangue”. Dall’esame istologico dei tessuti si rivelerebbe che, con l’innesto autologo di staminali, si forma collagene di tipo II, “cioè il tessuto originale”, mentre con la normale operazione chirurgica il collagene è di tipo I, cioè tessuto cicatriziale, quindi meno resistente. “Dopo l’intervento con le staminali – afferma Manunta – il paziente può ritornare ai livelli funzionali antecedenti l’infortunio con la prospettiva che il beneficio sia più duraturo rispetto alle attuali procedure, come le microfratture dove la tregua dura circa 5 anni”.

Seppur alcuni risultati siano positivi c’è ancora molto cammino da compiere: “Tanto per cominciare, solo pochi pazienti selezionati possono giovarsi di questa tecnica – precisa Manunta – trattandosi di un innesto autologo, le cellule vengono prelevate dal diretto interessato, che però non deve avere possibilmente un’età che superi i 40 anni. Dopo quell’età, infatti, l’organismo non produce cellule staminali in quantità sufficiente per la riuscita dell’intervento. Affinché le staminali non trovino nel sito condizioni ostili, ci vogliono indicazioni molto precise: il quadro clinico non deve essere complicato da artrosi, per esempio, o dal menisco lesionato o dal legamento rotto, o da un ginocchio varo”.

Restano poi da determinare alcuni parametri, tipo quante cellule staminali impiantare, quale tipo di centrifuga ideale utilizzare, quale supporto consente una migliore adesione alla lesione.. .

“Anche le piastrine, che si prelevano dal sangue, liberano fattori di crescita- afferma Andrea Manunta- Abbiamo notato che sono più valide nei tessuti molli come tendini e cute, mentre le cellule staminali sono più adatte a quelli duri come osso e cartilagine. Ma lo studio deve essere approfondito”.

Fonte: Sassari notizie

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