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Siamo a São Paulo, in Brasile. Qui un team di ricercatori dell’università ha messo a punto una tecnica che utilizza le cellule staminali del sangue del cordone ombelicale nel trattamento della palatoschisi. L’obiettivo di questi scienziati è quello di mettere a punto una procedura che sia in grado di ridurre il numero di interventi chirurgici ai quali i bambini nati con questa condizione debbano essere sottoposti.

Cos’è la palatoschisi?

Facciamo un passo indietro tornando al momento in cui il feto si sta sviluppando all’interno dell’utero materno. Insieme a tutti gli organi e gli apparati anche la formazione della cavità orale e del naso segue un preciso andamento in tempi specifici, ossia durante il secondo trimestre di gravidanza.

Durante questo periodo le strutture della parte destra e della parte sinistra del volto compiono dei processi di migrazione e di fusione al centro. La palatoschisi è la condizione determinata da un’anomalia nella fusione di queste strutture. La palatoschisi è molto spesso accompagnata anche da una mancata fusione delle due metà del labbro superiore (labioschisi) e può presentare dei gradi variabili.

Che l’apertura residua sia completa o meno, il risultato è in ogni caso una comunicazione tra la bocca e il naso con conseguenze più o meno gravi in rapporto al grado di mancata fusione.

Le conseguenze della palatoschisi sono molteplici e possono essere, oltre a quelle di natura puramente estetica, anche funzionali. Ci possono essere compromissione del linguaggio, della deglutizione, dello sviluppo delle ossa maxillo-facciali, dell’udito e nella crescita dei denti. Non sono trascurabili neanche le conseguenze sulla sfera psicologica dei bambini che presentano questa malformazione.

Come si cura la palatoschisi

Il trattamento della palatoschisi è ad oggi puramente chirurgico, oltre al trattamento logopedico e ortodontico che compensa le conseguenze della malformazione.

Il protocollo di chirurgia ricostruttiva del labbro leporino (labioschisi) e della palatoschisi richiede diversi interventi. Inizia a 4-6 mesi di età con la ricostruzione del naso e del labbro superiore (rinocheiloplastica) e la concomitante chiusura del palato molle.

Il secondo intervento prevede la chirurgia del palato duro a distanza di 8-18 mesi dalla prima chirurgia ricostruttiva. A seguire ci saranno interventi che riguardano la ricostruzione dell’osso mandibolare che forma le arcate dentali (alveoloplastica) e la definitiva ricostruzione del naso (rinoplastica secondaria). Normalmente questi trattamenti chirurgici terminano intorno al 14° anno di età.

È chiaro che l’impatto di questa malformazione è molto importante quindi la realizzazione di nuovi protocolli terapeutici che riducano il numero e la dilazione nel tempo degli interventi chirurgici e le complicanze è fortemente auspicabile.

Lo studio brasiliano

Nello studio, riportato su The Journal of Craniofacial Surgery, il team brasiliano ha utilizzato la procedura con cellule staminali in bambini con labbro leporino e palatoschisi, diagnosticata mediante ecografia prima della nascita.

Immediatamente dopo il parto, sono stati raccolti i campioni di sangue dal cordone ombelicale dei neonati partecipanti allo studio per isolare le cellule staminali che sono state poi processate e congelate per il successivo utilizzo. Il sangue del cordone ombelicale è una ricca fonte di vari tipi di cellule staminali, che come noto hanno la straordinaria capacità di svilupparsi e specializzarsi in diversi tipi di cellule, comprese le ossa e la cartilagine.

Per i primi mesi i neonati sono stati sottoposti a una procedura non chirurgica di modellamento nasoalveolare per allineare i tessuti molli della mascella superiore.

All’età di cinque mesi, le cellule staminali sono state scongelate per essere utilizzate nell’ambito di un intervento chirurgico di innesto osseo. Le cellule sono state collocate in una tasca di tessuto in modo da ricostruire la fenditura nella mascella superiore aiutate da un’impalcatura di materiale biologico riassorbibile con lo scopo di guidare la crescita di nuovo osso. Questa procedura è stata eseguita contemporaneamente all’intervento chirurgico per correggere il labbro leporino (cheiloplastica).

L’intervento ha portato alla formazione di nuovo osso funzionale alla chiusura della palatoschisi, fornendo una buona posizione e supporto per la normale eruzione dei denti.

I neonati sono stati monitorati per dieci anni.

I risultati di questa sperimentazione hanno dimostrato che il trattamento con cellule staminali nei neonati con palatoschisi ha portato ad una riduzione dell’infiammazione, della fibrosi del palato e delle labbra, un irrobustimento dell’osso mascellare superiore in cui si trovava la fessura ed un miglioramento generale della condizione rispetto al gruppo di controllo.

Il dato più incoraggiante è che questi bimbi non avrebbero avuto bisogno di ulteriori interventi chirurgici.

La procedura colombiana

Contemporaneamente un altro gruppo di ricercatori, presso l’ospedale infantile universitario di San José, Colombia, ha perfezionato la procedura con le cellule staminali autologhe del cordone ombelicale per trattare la palatoschisi diagnostica ad una bambina in fase uterina. Anche questo è stato uno studio di successo poiché la bambina ha sviluppato un osso mascellare abbastanza robusto per consentire la crescita dei denti e la corretta funzionalità di tutto l’apparato orale evitandole ulteriori interventi chirurgici.

Fonti:

  1. Importance of Stem Cell Transplantation in Cleft Lip and Palate Surgical Treatment Protocol. Marcelo Paulo Vaccari Mazzetti, Nivaldo Alonso Ryane Schmidt Brock , Alexandre Ayoub , Sally Mizukami Massumoto , Lilian Piñero Eça J. Craniofac Surg. 2018 Sep;29(6):1445-1451. doi: 10.1097/SCS.0000000000004766.
  2. New Technique for Closure of Alveolar Cleft With Umbilical Cord Stem Cells. Botero Alejandra Garcia, Madrid Rolando Prada , Luz Mabel Ávila-Portillo, Holguin Nancy Rojas , Viviana Gómez-Ortega , Erica Menze. J Craniofac Surg. May/Jun 2019;30(3):663-666